Nel mondo dell’equitazione internazionale, dove da decenni dominano nazioni europee con solide tradizioni federali, l’emergere di nuove realtà rappresenta un segnale da osservare con attenzione.
Uno di questi è l’exploit che ha avuto l’equitazione indiana lo scorso 7 settembre 2025 a Oxfordshire, in occasione del Cornbury House Horse Trials, una delle tappe più prestigiose del circuito internazionale di completo.
Manvendra Singh, cavaliere ventiduenne originario di Jaipur, è diventato il primo atleta indiano a vincere una categoria FEI sul suolo britannico, imponendosi nella classe CCI2-S J*. Una vittoria che non è solo un risultato sportivo, ma anche il simbolo di un processo di apertura e sviluppo tecnico per un’intera nazione e per un’intera generazione di atleti emergenti.
Singh ha conquistato il primo posto in sella a Grand Marnier, cavallo con cui aveva gareggiato solo in due occasioni precedenti. Il binomio ha condotto una gara solida, iniziando con un’ottima prestazione in dressage (31,7 punti) e mantenendo il vantaggio nelle fasi successive di salto ostacoli e cross-country. Il successo ha sorpreso molti addetti ai lavori, non tanto per la qualità tecnica, quanto per la rapidità con cui il giovane cavaliere ha saputo inserirsi in un contesto competitivo di alto livello, per di più lontano da casa.
Alle spalle di questo risultato non c’è improvvisazione. Singh si allena da tempo in Irlanda, sotto la guida del tecnico Declan Cullen, in un ambiente che gli ha permesso di maturare competenze e ritmo gara secondo standard europei. La sua formazione è frutto di una scelta precisa: confrontarsi con i migliori per crescere rapidamente.
Il percorso sportivo del giovane indiano è anche il riflesso di un’eredità familiare: suo padre, ex atleta ai Giochi Asiatici, ha fondato un’accademia equestre a Jaipur, dove Manvendra ha mosso i primi passi. L’obiettivo dichiarato ora è tornare su quel palcoscenico continentale, ai Giochi Asiatici del 2026 in Giappone, stavolta da protagonista.
L’equitazione, soprattutto nelle discipline olimpiche come il completo, richiede oggi una visione internazionale sin dalle prime fasi della carriera. Singh ha dimostrato che si può emergere anche da un sistema “non dominante” se c’è progettualità, impegno e possibilità di accesso a contesti tecnici validi.
In un’Italia che continua a cercare spazio sui podi internazionali e a valorizzare il proprio vivaio giovanile, questa vittoria suggerisce che il talento può sbocciare anche dove le infrastrutture non sono centrali. Ma ha bisogno di strumenti, aperture e coraggio progettuale per affermarsi in un mondo sportivo che, lentamente, si fa più orizzontale.